riflessione inedita in merito all’operare sociale
a cura di Alessandra Bertelli – Assistente Sociale
L’operare sociale si sviluppa in una dimensione individuale, collettiva e sociale.
Si rivolge a fasce di popolazione definite “soggetti deboli” e singoli individui in situazione di difficoltà.
Contemporaneamente, in un’ottica più ampia, all’interno della comunità territoriale, svolge azione di promozione, valorizzazione e attivazione delle risorse già esistenti o creandone di nuove, necessarie a migliorare la vita dei cittadini.
In tutte le tipologie d’interventi l’obiettivo ultimo dell’operatore rimane il benessere della persona, consapevole che la cura dei soggetti più deboli è la prima condizione per raggiungere il benessere collettivo (Rapporto CNCA 2008).
Riguardo la dimensione individuale i principi di relazionalità, di riconoscimento e di partecipazione sono alla base di buone prassi nel lavoro con le persone e la costruzione d’interventi d’aiuto efficaci.
Caratteristiche fondamentali nel lavoro con le persone sono la comunicazione e la relazione fra operatori e utenti; l’operare in ambito sociale richiede innanzitutto la capacità di stare in relazione con gli altri, siano essi individui, gruppi o comunità.
Il relazionarsi in maniera autentica, sincera, empatica, in un clima di accettazione strettamente legata al non giudizio, mantenendo pari dignità nonostante i ruoli diversi, sono caratteristiche che permettono di costruire relazioni positive con le persone.
Importante è anche la capacità dell’operatore di offrire ascolto e sostegno agli individui accompagnandoli in una riflessione riguardo i motivi che hanno determinato la situazione problematica e aiutarli ad aver fiducia nella possibilità di cambiare a superare le difficoltà utilizzando al meglio le risorse personali e le prestazioni disponibili.
Infatti il coinvolgere attivamente gli individui nel percorso decisionale che riguarda il superamento delle loro difficoltà, attraverso la partecipazione attiva nella definizione del progetto d’intervento e nelle azioni di cambiamento,permette di responsabilizzarli; al contempo essi si sentono valorizzati e riconosciuti, rendendo così più efficace il processo d’aiuto.
Poiché, il fatto che in quel momento vivano una situazione di difficoltà e fragilità, non toglie loro la dignità di persona e il diritto di essere co-protagonista nella definizione delle strategie da attuare per superare le difficoltà e raggiungere il benessere.
Attualmente la crisi dello stato sociale “welfare state” (inteso come Stato che garantisce un sistema di servizi volti ad eliminare le disuguaglianze sociali ed economiche fra i cittadini), l’evoluzione della nostra società e le rapide mutazioni degli ultimi decenni hanno imposto un cambiamento anche nel modo di operare nel sociale.
Gli operatori sociali sono posti di fronte all’aumento della domanda sociale, i bisogni coinvolgono sempre più ampie fasce della popolazione e sono sempre più di natura cronica, con la diretta conseguenza di un amplificarsi della disuguaglianza sociale.
Rispetto il recente passato, oggi molti più individui sono esposti al rischio d’impoverimento dovuto ai cambiamenti strutturali del mercato del lavoro e alla precarietà lavorativa. Il fenomeno migratorio, la fragilità del sistema familiare e delle reti relazionali, il disadattamento e crisi dei valori che riguarda i giovani, sono tutti elementi che generano sempre più un clima d’incertezza, diffusa sofferenza psichica e isolamento negli individui.
L’intervento sociale è diventato così sempre più di emergenza, chiamato a rispondere a bisogni sempre più complessi e ad azioni di contenimento e cura del danno, a scapito d’interventi più ampi di progettazione in termini di prevenzione e promozione sociale.
Se a livello più generale, la crisi economico-finanziaria ha comportato l’aumento della domanda sociale, i tagli alle manovre finanziarie da parte dello Stato hanno impoverito le risorse disponibili a livello locale: Regioni ed Enti locali, che hanno specifica competenza assistenziale, hanno oggi minor disponibilità economica da assegnare ai servizi rivolti alle persone.
Per fronteggiare la crisi di risorse pubbliche e la conseguente involuzione delle politiche sociali, a livello locale si sta sviluppando ed evolvendo il “servizio sociale di comunità” che prevede il coinvolgimento attivo della popolazione di uno specifico territorio, nell’attivazione e valorizzazione delle risorse presenti.
Nello specifico l’intervento di comunità prevede la creazione di reti relazionali fra i singoli abitanti di uno specifico territorio, che diventano così protagonisti e autori del benessere comune attraverso la creazione di reti di sostegno, ma anche di protezione per le situazioni più fragili, attraverso gruppi di volontariato, di auto-aiuto, banca del tempo o sportelli informativi.
Il compito dell’operatore sociale nel lavoro di comunità è cogliere le disuguaglianze sociali e le fragilità di un territorio facendo opera di informazione e sensibilizzazione riguardo i bisogni, coordinare le azioni dei singoli e dei gruppi, monitorare le risorse necessarie e rafforzare le capacità delle reti di aiuto di affrontare i problemi e prendersi cura delle situazioni di disagio per raggiungere il benessere collettivo e l’inclusione sociale delle
persone ai margini. Si attivano in questo modo i legami di solidarietà fra i singoli e i gruppi al fine di contrastare l’isolamento e promuovere lo sviluppo di un sistema di reti integrato.
In conclusione l’operare sociale consiste in interventi di aiuto attuati attraverso specifiche competenze tecniche che vanno di pari passo a quelle relazionali e ha come finalità nella dimensione individuale, l’accompagnamento e il sostegno al cambiamento per raggiungere l’autonomia personale, mentre nella dimensione comunitaria azioni volte a
eliminare i fattori di esclusione promuovendo l’uguaglianza e l’inclusione sociale delle fasce di popolazione più fragili.
Bibliografia:
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Giacconi B.(2015), “Il lavoro di comunità nella professione di assistente sociale”- Atti del convegno tenutosi a Urbino.
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